A quattro anni dalla fine della serie cult, Fringe, ideata da JJ Abrams e che vedeva protagonisti John Noble, Joshua Jackson e Anna Torv vogliamo esternarvi i motivi per cui questa serie ci è rimasta nel cuore.
A lei dobbiamo anche il nome di questo sito, in fondo.
Iniziamo dal perché di Silvia Azzaroli
Vi sono combinazioni speciali difficilmente ripetibili, per noi e per voi, per tutti.
Ci sono stati momenti speciali difficilmente ripetibili.
Mi sono innamorata di Fringe lentamente, seguendo il modus operandi della serie, la sua lentezza, che, per me, è qualcosa di prezioso.
Ho avuto degli episodi in cui credevo avrei mollato, altri in cui mi sono lasciata prendere dal turbine e solo verso la fine della prima ho compreso che era la mia serie e non se ne sarebbe più andata.
Me la sono gustata attimo per attimo, persino gli episodi brutti, perché sapevo che sarebbe finita e, per quanto mi sforzi, per ora, non trovo niente di simile. Ci va vicino, ma non è la stessa cosa.
Quali sono i motivi per cui l’ho amata?
Alla fine niente di così misterioso.
Un rapporto padre e figlio che mi ha commosso fino alle lacrime, lacerandomi il cuore e l’anima, toccando delle corde personali di cui non parlerò.
Una storia d’amore in cui mi sono sentita coinvolta come non mai.
L’ho sentita mia perché è quella che vorrei vivere.
Una storia che parla di problemi veri: truffatori che diventano consulenti civili e sanno mettere in scacco un intero reparto dell’fbi, geni umani, dannatamente umani, che fanno ridere e piangere, agenti dell’fbi che vogliono proteggere il mondo e si ritrovano davanti la corruzione, il tradimento, l’orrore.
E infine la guerra tra universi, che sembra la cosa più irreale e invece è una delle cose più reali per come è stata posta: entrambi avevano torto e ragione.
Non c’era un cattivo, non c’era un buono: il conflitto manicheo è stato fatto a pezzi. Ve ne abbiamo già parlato.
Non ho voglia di ripetere perché il finale non mi piace e non lo accettiamo. Chi mi segue lo sa.
Voglio solo pensare a cosa mi ha lasciato di buono. Il resto non esiste.
Leggendo ciò che ha scritto più sotto Chiara mi sono ricordata di una cosa importante.
Di quanto abbia amato la creazione del ponte da parte di Peter e di come ci si è arrivati.
Lei cita una frase che mi è rimasta dentro, che è forse il motivo più importante per cui amo Fringe, io voglio aggiungere altre parole, che si legano a quella frase, dette da Peter poco dopo la creazione del ponte:
“Questa è una guerra che non può essere vinta. I nostri mondi sono inestricabili. Se uno dei muore, tutti noi moriamo. “
Siamo tutti legati, interconnessi.
Non dimentichiamolo mai.
Il perché di Roberto Fringie.
Mi è rimasta dentro perché ha tre grandi protagonisti, una bella storia di fantascienza prima che la mandassero a puttane, una storia d’amore per niente banale, una storia di amore padre-figlio semplicemente meravigliosa. Interpretazioni che restano di primissimo livello (eccelso nel caso di Noble) anche quando la coerenza della storia inizia a franare.
Non c’è nessun motivo arcano per cui mi sia rimasta nel cuore, basta sommare tutti questi motivi ed aggiungerci storie come quella di August, comprimari ricorrenti del calibro di Jared Harris e Sebastian Roché, il cameo di Nimoy … la fine e i difetti non potevano inficiare tutto questo.
Il perché di Chiara Liberti
Avevo molte perplessità, all’inizio di questa serie. Scettica oltre ogni previsione, portavo ancora nel cuore X-Files, che consideravo e considero una delle colonne portanti delle serie televisive, sia come trama, ma soprattutto per i due protagonisti, Mulder e Scully. Mi sono convinta solo grazie all’insistenza di Silvia ed è stata una conquista lenta, quasi goccia a goccia. Temevo in una scopiazzatura di X-Files, invece le citazioni ci sono sì state, ma il binario preso da Fringe è stato altro ed è stato un piacere incamminarsi sulla sua strada.
Ciò che più mi ha colpito non sono state tanto le svariate tematiche fantascientifiche – però assolutamente fantastiche – ma la grande attualità degli argomenti trattati, a cominciare dai tratti personali dei personaggi. Il travagliato rapporto padre-figlio dei Bishop boys, trasposto magnificamente sullo schermo da due grandissimi attori, una bellissima e per nulla stereotipata storia d’amore tra Peter ed Olivia. Una storia che, pur essendo una delle tematiche centrali, non ha oscurato la trama, ma anzi la ha arricchita puntata dopo puntata, in barba a quelle shipper che preferiscono la love story agli argomenti della serie.
E, su tutto, la tematica dei due universi, dove ragione e torto si bilanciano e sono equamente divisi. Da un gesto di amore e disperazione estrema si genera una serie di eventi che portano due universi in lotta tra loro. In mezzo a tutto ciò le storie di persone come noi, che vivono normalmente le loro vite e si trovano loro malgrado sulla linea di fuoco di un universo che vuole combattere la controparte. Ragione e torto, dicevamo. Quasi mai la verità sta da una sola parte soltanto. E le parole di Peter Bishop, quell’aggrapparsi ad “un’altra via” che si deve trovare con tutte le proprie forze per la salvezza di tutti e non solo di alcuni, mi risuonano ancora nella mente come un inno di speranza che dovrebbe essere messo in pratica anche nel mondo reale.
Il perché di Simona Ingrassia
Dovessi riassumere cosa mi è stato regalato nei cinque anni in cui ho avuto la fortuna di vivermi Fringe… non è molto semplice in effetti. Perché mi manca? Credo che questa sia la serie che mi abbia dato di più a livello emotivo e personale di qualunque altra serie.
Sono diventata una creatrice di collage migliore grazie a questa serie.
Mi ha restituito anche la voglia di scrivere. Ho sempre pensato di essere una pessima narratrice ma Fringe mi ha insegnato ad andare oltre i pregiudizi, anche su me stessa, e mi sono messa in gioco. Prima con le mie fanfiction e poi con una saga. Se non fosse per questa serie non avrei incontrato sulla mia strada la mia cara socia Silvia e non sarebbe mai nato “La memoria del futuro”.
Non sarebbe mai nato nemmeno questo posto a dir la verità.
Perché questa serie è così speciale? Perché descrive l’umanità così com’è davvero, non fa sconti, non cerca di trovare il nemico a tutti i costi. Non esiste buono o cattivo esistono persone con le proprie
scelte che conducono a una determinata strada. E’ speciale grazie a Walter e Peter Bishop, padre e figlio, un rapporto difficile, giustamente travagliato. Inizialmente pensi che il giovane sia troppo acido ma quando cominci a comprendere le ragioni di questa acredine la trovi… comprensibile? Umana. Realistica.
E c’è un motivo se dico di non essere molto per le storie d’amore perché sono sempre stereotipate. Qui, nuovamente, i cliché vengono abbattuti e abbiamo una donna che, ringraziando il cielo, non ha paura di mostrare di desiderare il proprio uomo e di farsi avanti con lui.
Le chiacchierate su twitter alle tre di notte con persone di tutto il
mondo, l’inseguimento per decifrare in tempo reale i glifi, contare quante versioni di Walter Bishop si sono viste nella serie alle 5 del mattino, essere tornati dall’ospedale in tempo per l’ultima diretta, l’ossessione per tirare fuori l’idea in immagine. Le teorie folli su Peter Bishop… se potessi rifarei tutto da capo.
Io la sto guardando adesso su Sky, sono arrivata a metà della seconda stagione, completamente intrippata non leggo il tuo articolo, lo verrò a leggere poi a serie finita!